E' una storia realmente accaduta ..ma anche no.

Come è possibile?

Dove avviene, una storia così?

In quei luoghi che quando sono avvolti dalla nebbia,

si trovano tra le parole "guerra" e "pace",

e quando invece svelati dalla luce,

si trovano nei numeri dopo il comma,

in quello spazio che sta tra un numero,

ed il numero che segue dopo.

Prima di intraprendere questo viaggio realizzai che dovevo mettermi in cammino, ma non sapevo bene quale meta scegliere.

Sarei potuta andare dove c’ero già stata, o dove non ero mai stata, al giorno d’oggi non è poi così difficile viaggiare per il mondo, magari spartanamente, se se ne sente la necessità.

Allora mi chiesi, come mai non riuscivo a scegliere una meta, avendone, a pensarci bene, una vasta scelta? Cominciai a riflettere su questa domanda.

Mi sembrò di capire che a noi umani servono le convenzioni, per poterci capire, tra di noi. Diamo un nome alle cose. Chiamiamo la sedia “la sedia” , e tutti sappiamo che parliamo di una sedia, e non di un tavolo, di un treno, o della luna. Forse non sappiamo precisamente come è quella sedia, ma sappiamo che non è una poltrona, né un pouf, né un divano, per quanto anche questi oggetti sono fatti per sedersi sopra.

Anche le regole grammaticali e di sintassi sono necessarie, per precisare com’è quella sedia, per dare un contesto a quella sedia, per dire che uso si fa di quella sedia, potrebbe essere usata per esempio da un gatto, per dormirci sopra, in che cosa consiste la bellezza di quella sedia, e così via, vi sono tantissime cose che si possono sapere a proposito di quella sedia. Cose che per me, forse, non sono importanti, in questo preciso momento, ma per qualcun altro invece sì. E’ per questo che noi umani ci diciamo tantissime cose, tra di noi.

Ma che per capire noi stessi, invece, non funziona esattamente così. Le parole come provo 0,7 di tristezza e 0,3 di gioia non ci fanno capire poi molto, a noi umani, ma invece siamo come i fili intrecciati nella stessa tela, o vedo solo nuvole scure, oppure mi sento come un fiore toccato da un raggio di sole, invece sì.

Così il mio viaggio non è diventato un viaggio intorno al mondo, o viaggio un in un paese sconosciuto .. o, forse, sì. In effetti, quei posti che si trovano dentro di noi, sono posti poco visitati, quindi anche poco conosciuti. Forse persino sconosciuti. Sopratutto a noi stessi, anche se ce li portiamo sempre con noi. E anche se sono loro a guidare le nostre vite.

Così, nel viaggio, ho seguito una mappa.

Una strana mappa.

Potrebbe condurre in molti posti.

Forse ciascuno al posto suo.

L’ha disegnata il prof. Giulio Cesare Giacobbe, fondatore della Psicologia Evolutiva.

Sulla mappa c’è una caverna, dalla quale si diramano tre gallerie. Quella a sinistra conduce in un giardino, in cui si trova un bambino, o una bambina. La galleria in mezzo porta in un deserto, ove s’incontra un uomo, o una donna. Quella a destra, invece, conduce in cima ad una montagna - la più alta del mondo. Vi sono la madre e il padre.

“La mappa” è, naturalmente, una metafora - a sua volta disegnata da altre metafore.

Mi sono inoltrata con quella strana mappa in mano, seguendo le indicazioni de “la voce” del Training del Professore.

Ad un certo punto “la voce” ha assunto il nome de “il pilota”, ma forse questa confusione di nomi non ha nessun’importanza. In fondo sia “la voce” che “il pilota” svolgono una funzione molto simile al pilota marittimo, quella piccola imbarcazione che mostra alle navi dove si trovano gli scogli nascosti dalle onde, da evitare, o dove la profondità dell’acqua è sufficiente per poter passare - dove si snoda quel sentiero invisibile che bisogna seguire perché la nave possa entrare nel porto sana e salva, consegnare il proprio carico, caricare di nuovo le proprie stive, e inoltrarsi di nuovo verso il mare: la guida che conduce per quell’unico percorso che, in quelle circostanze, bisogna seguire, per arrivare dove si vuole andare.

Il mio viaggio, seguendo quella mappa, è raccontato qui. In maniera po’ autoreferente, in fondo il viaggio l'ho fatto io. Diario di bordo che lo racconta non può che essere autoreferente.